Michele

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Lunedì, serata noiosa per lui, che, solitamente, amava girare a zonzo per le vie della cittadina. E pure non poteva, già… costretto, se ne stava a casa, rollava il suo tabacco, e tirava due boccate ascoltando un po’ di musica.
Lontano dalla sua famiglia, Michele aveva come unico obiettivo il riuscire a guadagnare quanto basta per pagarsi l’affitto. Era faticoso, sì, anche troppo: il lavoro non sempre cascava giù da qualche alberello; quasi come se dovesse essere grato per aver trovato un impiego.
A causa di quel male che aveva preso di mira il suo Paese e non solo, lui, povero, si sentiva perso, con l’affitto da pagare, e costretto ad arrabattarsi da una parte all’altra per riuscire a racimolare un po’ di denaro per arrivare a fine mese.
Le giornate autunnali passavano, e Michele, teneva tra le mani il suo povero contratto, che tra lì a poco sarebbe scaduto: Come farò a non finire in mezzo a una strada?
Pensava lui, mentre i giorni passavano e ii cielo si rabbuiava.
Faceva più freddo, questo sì, ma sua madre una volta ogni tanto gli chiedeva come si senrtiva: lui voleva dirle che andava a gonfie vele, che tutto era a posto, tuttavia tra esami, lavoro che mancava, orari del pullman deleteri, le cose erano veramente pesanti.
Mancava a Michele  viversi la città, costretto, lui, a viversi la sua vita in quel Comune di provincia sperduto, e pure voleva far finta che andasse bene, o meglio, voleva che gli altri credessero gli andasse bene, mentre aspettava il nuovo anno, in attesa, come tutti di qualche opportunità.




Edmond L. Isgrò

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